sonetti tansillani (e ci sono pur sempre, sullo sfondo, gli scritti religiosi dell'Aretino, altro autore ammirato dal Bruno per l'antipetrarchismo e citato proprio per le opere più eversive, come il Ragionamento e il Dialogo), per non parlare della grande epica cristiana del Tasso, che il Bruno cita per l'Aminta. Sempre i temi religiosi cristiani, all'interno dell'opera bruniana, come dimostra anche la Cabala del cavallo pegaseo, sono fatti oggetto di parodia. Il Bruno intende mostrare anche in questo modo che loro non più si addice la serietà della trattazione. Non sono diversi da quelli derivati dalla mitologia pagana, come tutta la struttura dello Spaccio sta a dimostrare. Cristo non è rappresentabile in modo diverso da Giove o da Giunone o da Venere o da Apollo o da tutti gli altri dei olimpici, se non avendo accanto Momo che irrida, si faccia beffe, commenti parodicamente, metta in piazza tutti i vizi segreti, sia insomma totalmente libero da ogni rispetto e da ogni costrizione, esattamente svolgendo la parte che il Bruno si attribuisce nella scrittura dello Spaccio. Come Momo nella finzione della riforma del cielo pagano sta accanto a Giove per commentare le colpe degli dei, condannarle col riso e con lo sberleffo, consigliare anche qualche opportuna soluzione di sistemazione per le figure celesti scacciate via dal luogo che dovrebbe essere esempio per gli uomini e dove, infatti, vanno a collocarsi le autentiche virtù, così il Bruno si propone come colui che dà spaccio a tutto ciò che è nel mondo superstizione, inganno, favola vana, e soprattutto all'intero deposito dei dogmi e delle vicende della tradizione cristiana (e di quella ebraica altresì, come premessa ugualmente colma di errori e falsità dell'impianto teologico e delle credenze del cristianesimo). I temi, quanto mai vari, dello Spaccio, in rapporto con l'estrema varietà delle occasioni che i segni celesti offrono per gli sviluppi di dottrina morale, politica, filosofica nell'atto di essere citati e discussi in vista del loro spaccio e 67
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