Il piccolo Hans - anno XIX - n. 75/76 - aut./inv. 1992-1993

la retorica. Nelle questioni che riguardan9 la nostra salvezza - afferma la prima stesura - bisogna cambiare stile di lavoro: invece d'affaticarsi nell'investigazione della sostanza del messia bisogna mettersi alla ricerca dei benefici che ha portato la parola di Gesù (FEI 30-31). La revisione del 1568 afferma invece che per una corretta intelligenza del luogo giovannico in questione bisogna rammentare sempre questa regola di carattere generale: tutti i nomi imposti al messia sono stati dati esclusivamente per indicare il munus e la potestas di Gesù. Non certo per stabilire la sua natura ovvero la sostanza divina e umana di cui sarebbe provvisto il salvatore. Il confronto dettagliato delle due versioni e l'analisi dei passi che abbiamo richiamato mostra dunque che la concordanza è precaria. Tutta la contrapposizione tra la ricerca della substantia e la comprensione dei beneficia, che ripeteva l'andamento della spiegazione leliana, viene lasciata cadere e al suo posto compare lo schema della catena che era stato sconvolto dalla lunga digressione sulla metafora e sulla metonimia (FEA 9). Schema che però porta alla stessa clausola (FEA 10, FEI 30). In conclusione. Giovanni evangelista, dovendo scrivere la sua testimonianza intorno a Gesù e al regno per mezzo suo instaurato tra gli uomini, esordisce altius ab origine dicendo: «In principio era la parola». E questo significa: Gesù già esisteva come uomo all'inizio della predicazione del vangelo. Cioè: Gesù viveva nel mondo ed era noto agli ebrei «de nomine et facie». E infatti dalla gente egli era considerato il figlio del falegname Giuseppe. Ma che quell'uomo fosse il figlio di dio, solo perché era stato designato ad annunciare il messaggio del padre, questo a tutti era sconosciuto (FEA 10-11, FEI 30-31). Valerio Marchetti 56

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