Il piccolo Hans - anno XIX - n. 75/76 - aut./inv. 1992-1993

fatti che stava per narrare distesamente. Gesù non è dunque all'inizio del mondo come creatore della materia (genesi), ma è solo all'inizio del mondo come rinnovatore dell'uomo (vangelo). E l'inizio di Giovanni- strutturato interamente dentro la narrazione evangelica e tributario al da!z_ar ebraico invece che al logos greco-serve solo per farci capire che questa «parola in carne ed ossa» di cui s'è istituito il discorso non è stata «ab omni aeternitate», come recita il prontuario della tradizione che ha nobilitato il fondatore con genealogie immaginarie, ma si trova prima della creazione del nuovo mondo (FEA 7). b. Verbum: «Nomen principii in his verbis non aeternitatem, sed ordinem earum rerum respicere dicemus, quas Ioannes de Iesu Christo dilectissimo dei filio scripturus est». Coloro che occupano l'intervallo della mediazione ermeneutica- gli interpreti -esibiscono, nell'esposizione del nome verbum o sermo, Io scenario culturale delle variazioni. Indipendentemente dalle singole soluzioni presentate (che però il Sozzini non cataloga lasciando così largo campo di lavoro alla scolastica unitariana) i teologi concordano in genere nella seguente affermazione: che il logos sia l'eterno figlio di dio, partecipe della creazione del mondo (omnis expers principii), come colui ch'è stato generato dal padre «ante omnia saecula». La particella introdotta per garantire lo spazio delle variazioni ortodosse sul tema (il pluralismo della tradizione) e per sancire al contempo il confine invalicabile dell'esercizio interpretativo è la seguente: O'Ov!cum. La seconda persona della trinità è infatti, come dice il codice dominante, co-eterna, con-sostanziale, co-eguale alla prima. La particella viene messa davanti a tre termini fondamentali della tradizione speculativa dell'occidente che non hanno alcuna ricorrenza nella narrazione evangelica: eternità, sostan49

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