Il piccolo Hans - anno XIX - n. 75/76 - aut./inv. 1992-1993

re il vangelo è obbligato a rintracciare quei valori eguali (phrases aequipollentes) che abbiamo esibito nella catena che inanella le formule incoative della narrazione e che possono essere esemplificati nel seguente rapporto di equivalenza: «Inizio [ÙQXrJ] dell'annuncio di Gesù» (Marco 1,1); «In principio [Èv ÙQXfl] era la parola» (Giovanni 1,1). Questo rapporto costituirà la base della nuova legge sociniana del valore della scrittura che cercherà d'imporsi attraverso gli eretici italiani della seconda metà del XVI secolo. Ma qual è, secondo lo schema leliano, la procedura evangelica dell'appellatio d'un personaggio? La procedura è la seguente: Gesù Cristo è detto magister, praeceptor, doctor, perché esercita - nella storia della sua vita - la funzione dell'insegnamento del nuovo sistema d'alleanza tra dio e l'uomo; non perché sia per sua natura maestro, precettore, dottore, o abbia la sostanza della funzione espressa nella sequenza proposta. Gesù Cristo è detto apostolus, pontifex, imago dei, perché - nella narrazione evangelica - è il messaggero della nostra testimonianza di fede, fa da ponte tra dio e gli uomini che sono separati da un abisso dopo la caduta, si presenta come la forma visibile di colui che per definizione è invisibile quando detta i precetti della volontà di dio; non certo perché come natura o sostanza egli sia apostolo, ponte, immagine (LEC 63). II. Dalla explicatio di Fausto Sozzini6 a. In principio: «Ioannes, verbi nomine, ipsum dominum Iesum Christum dei filium intellexit, ratione officii quo ipse dei filius usus est in manifestando dei patris sui verbo». Fausto Sozzini, nel cominciare il suo lavoro sul vangelo di Giovanni secondo Lelio, non si limita a raccogliere le 40

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