Il piccolo Hans - anno XIX - n. 75/76 - aut./inv. 1992-1993

tuazione omosessuale della sua fantasia del nibbio, poiché essa indicherebbe semplicemente ciò che abbiamo asserito poco fa di quel tipo. Essa andrebbe tradotta "Attraverso questa relazione erotica con mia madre sono diventato omosessuale" (OSF, VI, 250). Freud sviluppa questa linea di pensiero nella quarta sezione, e quando trova che Leonardo associava questo famoso sorriso anche a giovani belli, sostiene che ciò «ci deve rammentare i due tipi di oggetti da noi scoperti nell'analisi della sua fantasia del nibbio» (OSF, VI, 254-5), ovvero la madre e se stesso. Il sorriso della Gioconda era dunque all'origine il sorriso della madre26 , il che chiarisce come mai esso venga attribuito anche ai giovani. Nel quadro di Sant'Anna con la figlia Maria e il nipote, entrambe le donne hanno il sorriso: Immergendosi nel quadro, lo spettatore è colto dopo un po' come da un'improvvisa intuizione: soltanto Leonardo poteva dipingere questo quadro, come soltanto lui poteva immaginare la fantasia del nibbio [avvoltoio]. In questo quadro è tracciata in sintesi la storia della sua infanzia. [...] Sant'Anna, la madre di Maria [...] è qui raffigurata forse un tantino più matura e severa della Vergine Maria, ma è ancora una giovane donna di non sfiorita bellezza [...] dotate entrambe del sorriso beato.[...] L'infanzia di Leonardo fu singolare come lo è questo quadro. Egli aveva avuto due madri, la prima, la sua vera madre, Caterina, alla quale fu strappato fra i tre e i cinque anni, e una giovane e affettuosa matrigna, la moglie di suo padre, Donna Albiera (OSF, VI, 257). È così che ha inizio l'episodio più sconcertante del racconto dell'avvoltoio, della sua coda che percuote. La seconda edizione (tedesca) dello studio su Leonardo venne pubblicata nel 1919, nove anni dopo la prima, e Freud vi 138

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