Il piccolo Hans - anno XIX - n. 75/76 - aut./inv. 1992-1993

mazioni sbagliate. È questo che Freud sta appunto per fare, perché si sa che l'uccello non è un avvoltoio, e che la spiegazione dettagliata che Freud si accinge a dare, preceduta dal gesto di esitazione circa la sua «poca ravvicinabilità», non pertiene affatto alla sua analisi di Leonardo. Come farebbe un analista, leggeremo dunque questo brano per ciò che esprime malgrado se stesso: Qui si offre spontaneamente un confronto così poco ravvicinato che si sarebbe tentati di rinunciarvi. Nella scrittura geroglifica degli antichi Egizi la madre viene indicata con la figura dell'avvoltoio. Inoltre gli Egizi venerano una divinità materna che veniva raffigurata con una testa di avvoltoio o con più teste, almeno una delle quali era di avvoltoio. Il nome di questa dea si pronunciava Mut; che l'affinità fonetica con la nostra parola Mutter [madre] sia soltanto casuale? Così l'avvoltoio è veramente in rapporto con la madre; ma questo a che cosa ci può servire? Possiamo forse credere che Leonardo lo sapesse, dal momento che la lettura dei geroglifici è stata fatta per la prima volta da François Champollion (1790-1832)? (OSF, VI, 233; corsivo mio). Per stabilire il legame tra l'avvoltoio e la madre in Leonardo, Freud ricorre a diverse pagine di complicata erudizione. Riassumendo la sua argomentazione, densa e a volte sconcertante, saremo in grado di localizzare il contenuto «latente» del suo gesto difensivo e di mostrare che l'avvoltoio riveste un ruolo differente da quello inteso da Freud. (Per poter seguire il riassunto si dovrà aver vicino il testo.) Freud inizia a chiedersi per quale ragione gli Egizi abbiano scelto l'avvoltoio quale simbolo della maternità, e quindi si rivolge a numerosi testi eruditi, anzitutto l'edizione del 1835 di Leemans di uno studio greco di data incerta attribuito a Orapollo, gli Hieroglyphica. L'opera di Leemans riporta la versione originale greca 127

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