Il piccolo Hans - anno XIX - n. 75/76 - aut./inv. 1992-1993

tà. Queste ultime parole, che sono quasi una citazione diretta, meritano un commento. La nostra potenza intellettuale, ripete spesso Bruno, non può apprendere l'infinito, anche se l'oggetto del suo amore è proprio l'infinito. Ma dell'infinito gli uomini non possono dare figura. Figura non significa disegno, ma figura linguistica, possibilità di essere detto. Così che l'infinito non è mai la frustrazione ebraico-cristiana di ciò che è irraggiungibile e, proprio in questo abisso, ci fa trovare il nostro essere creature finite. L'infinito, al contrario, si manifesta a un livello che è possibile configurare. A questo livello il «furioso», il filosofo della conoscenza, conduce la propria ascesi, che non è un atto di congiunzione, ma la possibilità di un sapere, rinascita di un nuovo sole nell'epoca contemporanea vanamente oscurata dalla «asinità» della nuova fede protestante e dallo scetticismo filosofico della tradizione cattolica. Risplende a nuovo un patrimonio sapienziale antichissimo, la saggezza della «prisca philosophia», l'originario sapere di prima che sul mondo calassero le tenebre delle cattive filosofie. Credo che questo potrebbe essere un tema facilmente riproducibile nel contesto filosofico contemporaneo dove domina spesso il tema della "perdita" della verità. Ma sono certo che sarebbe una tentazione manierista. Il conoscere, per Bruno, è sempre «contemplare», cercare di tenere aperti gli occhi, e, soprattutto, gli occhi della mente, quelli che riescono a trovare figure nell'invisibile, proprio attraverso la relazione che vi è tra linguaggio filosofico e mondo che travalica l'esperienza sensibile. Il conoscere è un'unione dell'essere, un ritorno che si ferma però alla esplicazione dell'Uno, agli infiniti mondi, al tutto vivente. Il ritorno del molteplice alla fonte, anche attraverso qualsiasi prova per rendere efficace e forte il nostro intelletto (prove e abitudini che Bruno trova ancora in Plotino), non è mai perfetto. Il limite è dato dalla possibilità di cognizione che è propria della tradizione del linguaggio filosofico. 102

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