Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

zione linguistica dell'opera di Zanzotto, riassumibile nei termini di diglossia e plurilinguismo. Diglossia Esistono, contrapposti, i due poli rappresentati rispettivamente da dialetto, orale, e da italiano, scritto: Zanzotto recupera così nella pagina una condizione linguistica di per sé non eccezionale qual è la diglossia (vissuta infatti dalla maggior parte degli italiani), ma in questo, proprio perché pretende di scrivere, e scrive, ciò che si sottrae alla scrittura dandosi unicamente come parlato (il dialetto), dà conto di tutta l'eccezionalità della operazione. Questa, comporta innanzitutto proficue contaminazioni e implicazioni di lingua e di stile, ma pone, a livello più generale, un problema di importanza fondamentale nella considerazione dell'opera come struttura: mi riferisco al problema del rapporto oralità-scrittura, che interessa tanto la produzione in lingua quanto quella dialettale. Nella prima si assiste progressivamente ad un incremento dell'uso del dialogo che a volte costituisce, senza più, i testi come è per le IX Ecloghe e, a partire da queste, per molti componimenti fino a Idioma (paradigmatico il caso del poemetto Gli sguardi i fatti e senha[); incremento che non può essere disgiunto dal fatto che nella seconda la parola poetica si presta e quasi richiede di essere recitata se non addirittura rappresentata (come del resto è più volte avvenuto). Così, la parola dialettale lascia l'oralità, la parola italiana lascia la scrittura; l'opera di Zanzotto vive anche in questo paradosso: aspira all'oralitàmentre la nega. Plurilinguismo Dialetto e lingua, pur lontani, si toccano sotto la spinta dello sperimentalismo linguistico e sotto l'azione di un continuo, iridescente gocciolìo: parole ebraiche, greche, 99

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