Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

La musicalità incantatoria delle prime suggestioni poetiche risuona all'interno di quella che l'autore stesso ha chiamato «oralità perpetua» rappresentata in primo luogo dal dialetto, in cui il poeta è cresciuto(con tutto ciò che esso è di individuale e libero, privato «più irriducibile, fondante, "lontano" dello stesso inconscio», verticale e latteo eppure condiviso sangue degli avi), e poi da altre realtà linguistiche reinventate nella flagranza del parlato: Oltre che col dialetto, arcaico e notevolmente lontano dalla lingua, ho avuto fin dall'infanzia un contatto immediato col toscano illustre, che del resto era, nel passato, più popolare di quanto si creda: il bel canto specialmente, e anche i grandi poemi del Tasso e dell'Ariosto, lo veicolavano verso tutti gli strati sociali; ed esso risonava, ripetuto magari a memoria, nelle veglie contadine fino all'anteguerra. Esistevano inoltre per me altre presenze linguistiche importanti: prima fra tutte un francese casalingo, quello dei nostri emigranti, come fu mio padre e come sono stato più tardi anch'io. In più il latino di varia provenienza: quello ecclesiastico rimodellato dalla meravigliosa e produttiva ignoranza delle donnette, e quello maccheronico, che aveva pure una tradizione popolare. Mi risuonavano anche all'orecchio frammenti di tedesco minimo, grazie alla nonna che era stata cameriera a Vienna3 • Ma al contempo quelle prime suggestioni poetiche brillano anche all'interno di un'altra lingua, l'italiano, col suo essere sociale, collettivo, arbitrario, «paterno(?)», oltre il quale si intravvede l'idea di una lingua assoluta, matematica, come può essere quella scientifica ed è, per diffusione panterrestre, quella inglese, come già quella latina, - la lingua delle letture: scritta, quindi. Ecco, nei suoi tratti più esterni e germinali, la situa98

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