Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

che tanti i se le ricorda ancora; "la se 'véa trat al béver", i diséa, par passarghe sora a la malora. Chi sa. Mal sol che éla la sa quant che inte 'sto scribinciar mi ghe soméje. La nonna invece «mi leggeva le strofette del "Corriere dei Piccoli" e io le imparavo a memoria». Forse l'interesse per la poesia - dichiara l'A. - può nascere anche dalla lettura del «Corriere dei Piccoli»... lo strano disegno delle «righe mozze» può apparire insostituibile prima che se ne abbia coscienza e prima che si abbia una pur vaga coscienza di se stessi. Ci si può trovare giovanissimi - accadde ai miei coetanei ed a me - a respirare in una atmosfera drogata di poesia più che d'ogni altro miraggio2 • La nonna sarà rievocata in una prosa di Sull'altopiano: «Parlami ancora», da cui citiamo il momento conclusivo e più alto: 96 Mi trovavo solo in cucina con la nonna, certe sere. Era inverno, allora; luce di neve trapelava dalle finestrelle della rotonda sotto la cappa del camino. La nonna mi dava un piattino con olio aceto pepe e sale, sul fondo del piattino era dipinto un fiore, credo una viola, d'inconsumabile lucentezza. Ella mi tagliava una fetta di polenta, me l'abbrustoliva e mi diceva: «Mangia, mangia, bambino mio, vedrai come sarà buona con quel bel fiore». Io intingevo i bocconi nella semplice salsa, era quasi buio in cucina. Le montagne mandavano gli ultimi bagliori zuccherini. Oh, certo, tutto era buono, io cercavo sicuro il gusto del fiore in cui la nonna credeva, devotamente la polenta lo accarezzava, permeandosi del suo sapore più che terreno. E quando avevo terminato contemplavo

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