Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

scrive del primo Montale - «scrittore dell'angoscia» - vale anche, in diversa misura, per lui e per Celan. Almeno per quanto riguarda la scelta morale della verità «terrosa» e l'assunzione, allora «drammatica», dei materiali «scatologici» e geologici, con la scelta, cioè, di misurare come e cosa fosse ancora dicibile in poesia, dalla «situazione» geologica. Bisognava che «la tragedia si sfacesse in noia, che divenisse quotidiana e generale una posizione prima di pochi, che si formasse una specie di monotono comune universo ed orizzonte degli uomini oggetto»; bisognava che tutto ciò avvenisse - scriveva trent'anni fa Zanzotto - per arrivare all'ultimo Montale. E - diciamo noi - perché la stessa poesia di Zanzotto prendesse corpo. Da questo punto di vista, oggi, con tutte le assuefazioni possibili da situazione geologica, «da noia» «quotidiana e comune», ci si domanda se non ci rimanga che andare di nuovo verso i pochi (se davvero è possibile). Muoversi con Zanzotto, incontro a «ciò che viene avanti», incontro al puer «che sta già nel futuro», incontro «alle radiazioni del "fuori"» che «stanno di fronte». Anche la geologia mandel'stamiana è proiettata verso il futuro. Rispetto al processo di abbassamento analizzato da Zanzotto, essa appartiene a una fase precedente, non quotidiana e comune, non sfatta dalla «noia». Per Mandel'stam la geologia, e particolarmente la cristallografia, nascondono la più appn;)priata tecnica di costruzione architettonica. Per questo il poeta, che lavora con parole-pietre, deve portare alla luce il materiale geologico, al fine di estrarne le leggi. Così, asportati dal fondo buio e terrestre, i materiali geologici vivono nell'aria, hanno bisogno di spazio per sprigionare l'energia accumulata nei millenni. La rappresentazione più potente di questa scienza atmosferica e metereologica l'abbiamo nel Discorso su Dante. È la geologia delle nuvole, del «tempo che faceva fuo88

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