Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

critico letterario che qui Celan citi, dall'unico da lui mai citato, e cioè Walter Benjamin, differenza anche che indica il punto in cui la distanza dal pensiero di Martin Heidegger non potrebbe essere più grande. È sorprendente notare come nessun interprete, anche chi ha messo in risalto i nessi profondi tra Celan e Benjamin3, abbia considerato le pagine del Meridiano dedicate alla mimesi e la sua "testa di Medusa" alla luce del concetto di bellezza "demonica", che nel saggio sulle Affinità Elettive definisce l'appartenenza dei personaggi al dominio dell'.apparenzamitica, e così al fato. Sigillo di un'opera che d1.viene natura, di una natura che appare come arte, la bellezza "libera" della sfera demonica occulta che «le opere d'arte, e con loro le forme, non sono create»4 • L'opera pare sorgere tutt'intera dal caos: come definire meglio lo statuto di qualcosa che nella sua perfetta grazia sembra strappato al caso, e che così nella naturalezza che gli è propria pare libero da qualsiasi determinazione produttiva? Il "demonico", la "testa di Medusa" del demonico, è modo d'essere di un'apparenza che riprende in sé la propria origine, e dà così accesso a un mondo vicario, in cui l'io è posto nella condizione atemporale e obliosa della mera contemplazione. Per Benjamin come per Celan questa "estraneità" è nondimeno necessaria. E anzi, nella prima prosa di Celan, scritta per un amico pittore negli anni viennesi, essa pare esigere tout-court, in modo rivelatore, l'oblio "ingenuo" della riflessione: 70 Certo prima di iniziare questo viaggio avevo compreso che le cose andavano in modo sbagliato e cattivo in quel mondo che io avevo lasciato, ma avevo creduto di poter scuotere i suoi baluardi, chiamando le cose per il loro giusto nome. Sapevo che tale impresa presupponeva il ritorno ad una ingenuità (Naivitèit) senza condizioni. Consideravo questa ingenuità come una visione originaria, purificata dalle bugie antiche quanto le scorie di

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