Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

Forse si può dire che in ogni poesia rimane impresso il proprio "venti gennaio"? Non è forse proprio questo il nuovo, nelle poesie che vengono scritte oggi: che si cerca nel modo più chiaro di tenere a memoria date come queste? Ma non proveniamo tutti da date come queste? E a quali date ci affidiamo? Ma una poesia parla! Tiene a memoria le sue date, ma parla. Certo, parla sempre soltanto in causa propria, in ciò che è più suo. Ma io penso, e questo pensiero ora non potrà sorprendervi, penso che da sempre è una delle speranze della poesia, parlare proprio in questo modo anche in cause estranee - no, non posso usar più ora questa parola - parlare proprio in questo modo in causa di un Altro, chissà, forse in una causa totalmente Altra. Questo "chissà", a cui mi vedo ora giunto, è l'unica cosa che sarei in grado di aggiungere alle mie vecchie speranze, anche qui ed ora. Forse, devo ora dire a me stesso, forse è addirittura possibile pensare ancor sempre e sempre di nuovo che questo "totalmente Altro" - uso qui una nota espressione vicaria - coincida con un "altro" non troppo lontano, anzi molto vicino. Una poesia si sofferma su tale pensiero, o vi spera, vi indugia saggiando il vento - parole da riferire alla creatura. Nessuno può dire quando durerà ancora la pausa di respiro - lo sperare e il pensiero. Il "tumulto", che era già da sempre "fuori", ha preso ancor più velocità; la poesia lo sa; ma si dirige imperterrita verso quell'"Altro" che ritiene accessibile, da liberare, vacante forse e in questo dedicato alla poesia - diciamo come Lucile. Certo una poesia, la poesia oggi, mostra, e ciò ha a che fare solo in modo mediato con le difficoltà non da sottovalutare dellascelta lessicale, con i più rapidi declivi della sintassi o il senso più acuto per l'ellisse - la poesia mo60

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