Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

Il cerchio breve del tempo che mi rimane da vivere mi eviterà un altro personale dolore. Ho abitato a lungo sulle sponde dello Stretto di Messina. Tra Scilla e Cariddi - luoghi del mito - le due sponde si avvicinano, prima di dare adito allo sbocco sul Tirreno. Le correnti si fanno impetuose, gorghi si aprono e si richiudono secondo l'alterno moto dei venti e delle acque. A volte, di rado, la Fata Morgana precipita il paesaggio, le colline, le piccole case, nello specchio azzurro, trasparente. Da quella soglia, le navi, i battelli, le barche dei pescatori, si offrono, all'entrare nel varco, ingrandendosi via via che procedono verso lo Ionio, all'occhio di chi rimira. In alto il volio dei gabbiani, dei rapaci che si calano dall'Aspromonte; in basso i pesci-rondine, le pinne di uno spada, talvolta le capriole dei delfini. Al di là del varco la carezza ampia del Tirreno, lungo la cava costa della Penisola, sino a rasentare, in Liguria, le Alpi, a circondare le grandi isole solitarie, la Sardegna, la Corsica. Le fantasie del bambino, dell'adolescente, che sono stato, si insinuavano in quelle minori Colonne d'Ercole, si soffermavano sul breve tratto di costa - da Est a Ovest - che sembra prolungare - Tindari, Capo Milazzo, le Eolie - la magia dello Stretto, proseguivano oltre verso le terre che erano allora, per me, terra di nessuno, terra incognita. Mi sarà risparmiato - dicevo - il dolore di vedere, in luogo di quella pupilla aperta sul mondo, i tralicci e le travature del ponte immane di ferro che si ha in animo di costruire - ad ostruire (le lettere fanno eco!) il varco del sogno. Talvolta le remore, le lentezze, dell'opera dell'uomo possono risultare benefiche; a unire le due sponde vedrò ancora, o potrò figurarmi, i voli dei gabbiani, l'incrocio candido dei traghetti. Mario Spinella 41

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