Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

contro, chilometro dopo chilometro, per giorni e giorni del viaggio. A Est di Rossosch, nelle immediate retrovie del fronte sul Don, la ferrovia faceva un ampio gomito all'interno dello spazio ancora tenuto dall'esercito sovietico. Per collegarla al tronco che la congiungeva, per una via diversa da quella da noi percorsa, a Kharkov e all'Ucraina, i tedeschi avevano fatto ricorso a uno dei loro accorgimenti tecnologici, già sperimentato nella zona paludosa del Pripet. Le strade, infatti, mancavano, o erano pessime: costruirle ex-novo estremamente complicato, per l'instabilità del terreno di fondo, il gelo invernale, la mancanza di mano d'opera. Ed ecco la soluzione: a unire i due tronconi posare un'ampia pista di lamine di acciaio sulla quale gli automezzi potessero circolare, anche nella stagione primaverile dei grandi fanghi, anche, dopo l'intervento degli spazzaneve, d'inverno. Così il nastro metallico si snodava per una ventina di chilometri, lievemente sopraelevato sulla pianura, su quel luogo non ondulato su cui era posato. Ai due lati correvano le piste, irregolari, e polverose, adoperate dalla popolazione che si spostavacon i suoi carrettini colmi di cianfrusaglie, o vagava a piedi, da un luogo all'altro, in una continua migrazione che poteva apparire senza meta. I nostri scarponi chiodati si arroventavano sul metallo, traevano scintille; spesso scendevamo sulle piste di terra per dare riposo ai piedi tormentati. A un posto di blocco, dotato di un traliccio-osservatorio, potei scorgere, dall'alto, il percorso della piattaforma di ferro: una lama, lievemente fumigante sotto il sole di luglio, che tagliava in due lo spazio, segnava una sorta di minaccioso confine tra le terre brune ai suoi due lati, frantumava, alla vista, il povero paesaggio. Provocava, al vederlo, una stretta dell'animo; come fosse stata posata lì, in quella pianura arcaica, da una stirpe extraterrestre, 38

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==