Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

te come nel nome proprio, viene detto in quanto è sottratto al linguaggio, e il poeta lo sa bene. Così scrive Mallarmé: «Instituer une relation entre les images et que s'en detache un tiers aspect, fusible et clair, présenté à la divination»18. Lo stesso concetto è ripetuto in una lettera a ViéléGriffin dell'8 agosto 1891: «Stabilire le identità segrete in un due-a-due che corrode e consuma gli oggetti in nome di una centrale purezza». Se il «due-a-due» sono i termini della metafora, o della analogia, o del paragone poetico, allora la «centrale purezza» che assomiglia al nulla è quella che lo stesso Mallarmé chiama «la notion pure», è l'identità stessa, è il termine «fusible et clair», sfuggente e nello stesso tempo evidente, così come sono evidenti e anzi, abbaglianti, le immagini delle comparazioni baudelairiane: la gigantessa-montagna, le lesbiche-lupi, il vascello-angelo, i gatti-sfingi, i baci-cascate, la giarrettieraocchio dardeggiante, gli amanti-specchi gemelli. Il testo quindi, come sistema totale di relazioni, non è altro che la struttura di negazione per la quale e attraverso la quale viene detto precisamente quello che è sottratto al linguaggio e nel momento che è sottratto al linguaggio. Sottratto al linguaggio perché non può essere detto in altro modo che per le strutture di negazione del testo, e tuttavia detto. Il fiore del poeta, allora, quando il poeta dice: «une fleur!», è la cosa sottratta al linguaggio ed al nome, la cosa che è sfuggita alla de-finizione linguistica, alla differenza, alla negatività del linguaggio e che perciò è infinita, e vive solo di rinvii, di echeggiamenti, di analogie, di relazioni. «Ayant l'expansion des choses infinies...»: come nel mito, la cosa sottratta al nome diviene infini_!a: e che la cosa, in se stessa, sia infinita, questa è la sovversione della sottrazione al linguaggio ed al logos. Ma nello stesso tempo, e dal momento che non ha più nome comune, la cosa è identica solo a se stessa: è «meme et suave». 193

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