Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

Il nome dei poeti «Je dis: une fleur!. .. ». S. Mallarmé «La lingua è una forma, non una sostanza»: dalla fondamentale teoria saussuriana consegue quello che viene chiamato il «manque», la differenza, la separazione del segno rispetto alla cosa. Ma la consapevolezza della separazione si corregge là dove il linguaggio è assunto in sé, appunto come pura forma: qui infatti il «manque» diventa assoluto perdendo la sua negatività e dando origine alle forme linguistiche della irrealtà, fra le quali la poesia. Così StefanoAgosti: «La parola poetica, pur assumendo radicalmente... la struttura del "manque" in quanto costitutiva del linguaggio, ne esautora tuttavia gli effetti disforici [...] attraverso la "finzione"»1 . Ma basta forse l'assunzione del «manque» per cambiarne il segno, per «rovesciare la privazione in possesso», o non è forse più complesso tutto il processo dell'irreale e, dell'irreale poetico? In realtà ogni discorso sul «manque» linguistico riposa su un presupposto, e questo presupposto è l'impossibilità del nome proprio, l'impossibilità cioè di quel nome che comporterebbe, in luogodella separazione, la «proximité absolue», e cioè il rapporto immediato con il suo 186

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