pagos: la carnevalizzazione si trasforma in totale disorganizzazione planetaria e grottesco dominio del caso, mentre l'antifrasi diviene gigantesca inversione del progresso della specie, ovvero atrofia terapeutica del pensiero, censura del processo di ominazione. Sul piano simbolico, alla perversione dell'uomo intelligente capace di «scalare il cielo» con missili e aerei, si oppone l'involuzione fisiologica, che costringe la specie al basso, alla terra e all'acqua, e persino sottrae la «pericolosa» duttilità delle mani, sostituendole con pinne marine. Anche l'antifrasi di una cancellazione illuminista dell'artificialità della storia si è radicalizzata: il ritorno alla natura è andato oltre Adamo ed Eva, per ripercorrere la scala evolutiva, e la naturalità «vera» è recuperata nel ridimensionamento del cervello e nella rinuncia a quella proiezione potenziata del cervello che è il computer, il cui modello più avanzato, Mandarax, non giova alla sopravvivenza come il big brain e viene con rabbia gettato in fondo al mare. La desemiotizzazione non è mai stata così radicale nell'estirpare paradigmi e sintagmi dell'organizzazione mentale del mondo, e il «ritorno alla natura» non solo nega quell'antropocentrismo che già Leopardi irrideva nei Dialoghi delle Operette Morali11 , ma abolisce la fase dell'ominazione come un errore che la selezione naturale deve riassorbire. Come in Slaughterhouse-Five, Vonnegut compone anche qui il quadro narrativo a partire da uno sguardo onnicomprensivo ed extra-storico, fuori del tempo e giudicante, capace di competere con lo storico proprio grazie alle sue «eccentriche» armi fantascientifiche, che gli consentono di trascendere la limitatezza di uno sguardo costretto a rimanere nella storia. Ma Galapagos va più in là del romanzo precedente: la sua ottica è ben più totalizzante di quella dell'optometrista Billy Pilgrim o dei tralfamadoriani. Figlio di uno scrittore di fantascienza, Leon Trout è lo «storico fantascientifico» che trascende la sto179
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