rimasta vedova dell'amato marito morto di cancro, riesce a convincerla di essere un uomo ideale, sensibile e geniale, ingegnere e compositore di musica, romanticamente pronto a sposarla: ironicamente questo suo ennesimo inganno svia Mary dalla sua depressione ormai incline al suicidio e convince la donna di aver incontrato in lui un modello di virtù, ruolo al quale un'imprevista morte prematura lo consegna definitivamente nella memoria di lei. Avendo deciso di sposare la donna pur in punto di morte per non smentire il suo gioco, egli rimarrà per lei pietra di paragone senza eguali, a scapito del suo mediocre successivo marito, il capitano della Bahia de Darwin. Incompetente a condurre una nave ad alta autonomia tecnologica ma in avaria, il capitano Von Kleist, divenuto l'unico maschio tra i sopravvissuti finiti sull'isola di Santa Rosalia, si chiude quindi nei pregiudizi razziali verso le donne nere e le giapponesi presenti nel gruppo. Per assicurare una discendenza Mary utilizza a sua insaputa il suo sperma con le ragazze africane: questo provoca il suo definitivo risentimento ma salva la specie. Mary, già soprannominata come s'è visto Mother Nature, rappresenta l'unica forma di intelligenza positiva nel racconto, in cui l'accusa alla storia è accusa al big brain. L'ipertrofia cerebrale della specie consente allo stesso cervello, come rileva la voce narrante, di inventare la Nona di Beethoven come la menzogna per nuocere, o il meccanismo della falsa opinione e del pregiudizio. Menzogna e opinione rendono l'accadere distruttivo e casuale: il controllo delle singole intenzioni non può che essere limitato, l'opinione artificiale e capricciosa. Di qui una storia «schizofrenica», fuori controllo, in cui paradossalmente il big brain dei singoli produce un effettocollettivo di follia distruttiva. Ridimensionare il cervello e uscire dalla storia divengono la soluzione biologica della specie. La carnevalizzazione e l'antifrasi già usati da Vonnegut in Slaughterhouse-Five ritornano iperbolici in Gala178
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