Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

noscenza dell'Olocausto. Sono amico di Elie Wiesel. La ragione principale di questa mia premessa deriva da un'affermazione di quello studente modello e serio pensatore che è George Will, in base alla quale io avrei banalizzato l'Olocausto con il mio romanzo Mattatoio n. 5. Mi sembra che la sua critica sia ben poco produttiva e spero che lo sembri anche a voi. Sono molte le persone che potrebbero dirvi quale sensazione si prova a trovarsi disarmati in mezzo a una popolazione composta in maggioranza da civili sotto un bombardamento o una pioggia di razzi o di qualsiasi altra cosa venga giù dal cielo. Ormai siamo sicuramente dei milioni. Gli ultimi iscritti al nostro enorme club si trovano in alcuni fra i quartieri più poveri di Panama City. Ormai i cambogiani e i vietnamiti ne sono membri anziani. Vediamo un po', quante delle persone che ora sono in questa stanza sono state attaccate dal cielo senza trovarsi in combattimento? (Circa dodici.) Il bombardamento di Dresda fu principalmente un'iniziativa britannica. Gli americani, da allora ne ho incontrati parecchi, lasciarono cadere durante il giorno potenti cariche esplosive che dovevano servire da innesco per le migliaia di bombe incendiarie che sarebbero state sganciate. Gli inglesi giunsero quella notte con le bombe incendiarie. Il loro obiettivo? La città intera. Era difficile sbagliare la mira. E la città divenne un'unica fiamma, con trombe d'aria che danzavano nei quartieri periferici come dervisci piroettanti. L'uomo con cui sostenni il colloquio di ammissione all'università di Chicago dopo la guerra era uno degli americani che attaccarono durante il giorno, senza trovare una vera opposizione. Mi disse: "Ci dispiacque moltissimo farlo". Penso che la maggior parte degli inglesi provasse sentimenti diversi. Volevano vendicarsi del blitz di Londra, della distruzione di Coventry, dell'umiliazione di Dunquerque, ecc. Gli americani non avevano conti da pareggiare. 155

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