Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

menti, così come accade per il galateo umano. L'interdizione della metafora diventa assunzione della metafora nel senso proprio. Sulla POSTILLA all'IPERSONETTO ci siamo già soffermati. Possiamo concentrarci però su qualche sfumatura. «Vanno da falso a falso» le «contese» del sonetto: la menzogna della forma è incancellabile e totalitaria. Vediamo di precisarne la natura, rifacendoci ad una lirica di poco successiva a POSTILLA. Ecco i versi interessanti: «bisnènt, me parènt: volutamente sbagliando/ l'arguzia arcadica ti avrebbe individuato/ come Satiro che va pet Ninfe e adorabilmente/ di cipria ti avrebbe sepolto e così soffiato-sù alla vigna/ stellare dove regna Ciprigna e l'amorosa folla/ di degusta-pollini e spossa-midolla» (Galateo, p. 80). Gustosa la trasformazione del sottoproletariato che viveva di espedienti nel bosco nelle snervate creature dell'immaginario poetico: l'Arcadia operava il disinvestimento del reale «volutamente sbagliando». Non si dice «mentendo», come ci saremmo aspettati. La sottigliezza è significativa, poiché si impiega consapevolmente la menzogna nel perseguimento di un fine, mentre lo sbaglio è involontario e pertanto nocivo rispetto agli scopi prefissi. Qui si sbaglia volontariamente, non si mente. La poesia allora, che da un lato smaschera la facciata ipocrita della realtà, dall'altro persegue la propria strategia vincente scegliendo consapevolmente la tattica «perdente» di «sbagliare» i riferimenti. E nessuno dubiterà che si tratti di una strategia vincente, e meno che mai coloro che per questo motivo l'hanno combattuta nel corso dei secoli, in nome di un malinteso «puritanesimo» (così Jauss nei confronti di Platone, S. Agostino, Rousseau, Kierkegaard50). E qual è la strategia di IPERSONETTO (e del Galateo di riflesso)? Vediamola, ancora una volta. Nel 1968 Zanzotto dedica a Fortini la lirica E la madrenorma, conclusione della Beltà; dieci anni dopo, il (Sonetto 141

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