Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

menzogna, di una realtà che precipita verso il suo contrario, di una non-coincidenza fra aspetti unitari della medesima cosa, di magie e vani trucchi per fissare un dato, foss'anche l'io, in bilico tra volontà di fuga e vanità del ricordo. La PREMESSA ci dice già qualcosa sulla meta da raggiungere: «Non più che in brezze regna, o filigrana/ dubitamente filmata in echi e luci/ sia il tuo schivarti, penna, e l'inchinarti...// Non sia peso dai rai che da te emanano/ prescrivendo e secando; a te riduci/ segno, te stesso, e le tue labili arti...» (Galateo, p. 59). L'ideale che orienta la scrittura dei sonetti si situa forse anteriormente al modello petrarchesco o dellacasiano: richiamandosi al risultato di perfetta coincidenza fra segno scritto, strumenti della scrittura, mano da cui sono mossi, raggiunto da Cavalcanti con il sonetto Noi siàn le triste penne isbigotite, teatralizzazione della scrittura che ne ribadisce l'ideale centralità in un universo formale pienamente autosufficiente. Il (Sonetto dell'amoroso e del parassita) inscena esplicitamente il dualismo di nulla-caos e forma: se il parassita rappresenta il solvente delle realtà («E nell'alto aldilà, nei fondi teneri/ do di tacco, do a sacco, sfregio veneri,/ falsifico simbiosi: ora si mangia»), la memoria ne è il collante («o memoria con meco t'incammini,/ lo sparso accordi e riconformi il fratto» (Galateo, p. 64)); se i parassiti di ogni specie falsificano l'ipotesi di un universo omeostatico di interscambi equivalenti, la memoria razionalizza anche i fattori di disturbo, gli scarti, i residui non spiegabili, per comporre una realtà formalmente omogenea. La memoria è appunto quella implicata dalla struttura formale del sonetto, garanzia di un senso unitario e concluso della serie di poesie (e non solo di esse). Il (Sonetto del soma in bosco e agopuntura) si risolve in «un omaggio all'idea di "omonimia"»48: «mentre l'ago mi fruga dramma a dramma -/ spine unghie lame da una 137

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