Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

Aggiungiamo il commento di Zanzotto al sonetto: «Resta il sentimento di un vero e di un falso minotaurizzati come non mai nel sonetto, proprio in questa figura, che sembra avere il diritto di riassumere tutti i deficit della fictio letteraria e poi della società letteraria, e poi di tutto quel che si vuole. Eppure, maledettamente, questa figura presenta una sua irriducibilità da frammento di una cristallografia e petrografia del profondo non mai esplicitata del tutto, da segno e disegno mandalico assolutamente eterodosso, ma sicuramente autorizzato e autorevole, col suo dinamico telesco page di allusioni, a perdita d'occhio»41 . La coscienza interna del sonetto, il suo «autore implicito», dichiara falsa se stessa, lo strumento linguistico usato, e l'universo letterario evocato dalla forma che incastona la lirica. Non vorremmo rispolverare la vecchia antinomia del mentitore, ma è chiaro che la professione di falsità dell'operazione poetica alla fine si ritorce contro se stessa. Da questo punto di vista, diventano ambigui i valori «menzogna» e «verità». È evidente che l'enunciato «tutto è falso» è convertibile per Zanzotto con l'enunciato «tutto è convenzionale», che rappresenta uno dei punti più qualificanti della sua poetica42 • Ma se la realtà è «ingenuamente» convenzionale, la scrittura, e qui in particolare il sonetto, consapevolmente convenzionale, si propone come qualificata rappresentante del mondo, dal quale differisce solo per un differente grado di convenzionalità, ma non per essenza; e tuttavia lascia necessariamente indietro le rappresentazioni di primo grado smascherandole come finzioni tra le altre. Il gioco formale fine a se stesso, falso e convenzionale, della poesia e del sonetto, possiede allora ogni titolo per coinvolgere nell'edificazione delle pure forme la realtà e il discorso su di essa; pertanto, a ragione, di una collana di sedici sonetti si può fare un mandala, imago mundi e centro dell'universo. 130

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