Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

in cui ognuno tende a chiudersi quasi per guardare da lontano la realtà»13 • Prima di addentrarsi nel «bosco» del Galateo, la lirica iniziale premette l'ipoteca della «separazione», un topos nella storia poetica di Zanzotto. Se un progresso ci deve essere in questa storia «immobile» del soggetto, questo potrà essere ravvisato secondo due direzioni: o provare a sfondare lo schermo per andare «al di là del vetro» verso la materia contraddittoria, o risucchiare l'«al di là» nel «mistero sferico» della perfezione delle forme. Riscontriamo intanto alcuni indizi: nei versi di Vocativo abbiamo letto che «è il paese nel vetro dove premono» (evidentemente per uscire) «uccelli comignoli bandiere»; in (Dolcezza. Carezza) troviamo: «Bandiere che saltano, saltano su./ Frusta alzata per me, frustano il celeste ed il blu». Notiamo anche che i due contrassegni stilistici più evidenti della poesia, anche ad uno sguardo sommario, sono la iterazione quasi balbettante del lessema «bandiere», e la fitta disseminazione di punti fermi lungo tutto il testo. Le due cose sono in relazione. Leggiamo i punti fermi come traumi inferti dalla scrittura alla pagina, allo stesso modo che le appuntite aste delle «bandiere» forano lo schermo di vetro per «frustare il celeste ed il blu». Commentando la lirica Sì, ancora la neve della Beltà, Di Meo si accorge che essa «oppose la blancheur de la neige (métaphore transparent et récurrent de la page chez Zanzotto et devient fotte du "blanc" et du "noir" de l'écriture, du signifiant e du signifié [...]) aux pins qui en émergent»14. Questi «pini tutti uscenti alla neve»15 sono ben affini alle nostre «bandiere»: la nostra ipotesi quindi è che la lirica introduttiva del Galateo non faccia altro che ripresentare, in termini rielaborati, la situazione immaginata quarant'anni prima in Figura. Come abbiamo già visto, questa organizzava lo spazio poetico nei seguenti termini: un «lontano azzurro» al di là, lo schermo che separa ma non impedisce la visione, 116

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