Il piccolo Hans - anno XIX - n. 74 - estate 1992

distinzione è messo a fuoco l'aggancio fra lingua e lingua letteraria, dove la seconda non appare nella sua funzione di sistema codificante, ma in quella di catalizzatore delle virtualità insite nella prima»5 • Alinguismo e «fuori idioma» Senonché, dobbiamo aggiungere che per Zanzotto, antiteticamente, il complesso della lingua è «perduto», «collassato»: «Dimmi quale lingua ho perduto e lasciato collassarsi/ Dimmi in che lingua ho perduto ho collassato», si legge in Fosfeni (Collassare epomerio). È da questa perdita, da questo vuoto individuale e privato, da questo sentirsi «sempre più privo di lingua»6 che nasce la figura del viandante-mendicante; fuor di metafora, è di qui che nasce quello sperimentalismo che come ha precisato Niva Lorenzini7 non è «viscerale» ma «conoscitivo» - ma anche vitalmente necessario - e che porta il poeta ad avventurarsi nelle regioni del silenzio e del deserto: «fuori idioma», ed è da questo sperimentalismo conoscitivo e esistenziale, possiamo ora dirlo, che bilinguismo e plurilinguismo innescano le loro meccaniche produttive. 2. Figura Sul versante visivo della poesia di Zanzotto giocano un ruolo decisivo il nonno e il padre8 , pittori. Il nonno Zanzotto, di cui porto il nome, aveva aperto uno studio di pittore a Vienna verso la fine dell'Ottocento. Anche mio padre Giovanni dipingeva, era professore di disegno. Andò a Bruxelles per imparare la tecnica dei finti legni e dei finti marmi che allora erano di moda. Gli piacevano soprattutto i paesaggi, i dintorni del nostro paese. Questa passione aveva per me un effetto quasi allucinatorio: vedevo la natura di fuori e la ritrovavo, 101

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