mento dialettico rivoluzionario, Hobson riducendo l'imperialismo, nello stesso atto di denunciarlo, a parassitario e periferico colonialismo; attraverso Sorel avviene l'assorbimento e la sussunzione del marxismo nella nebulosa totalitaria in formazione attraverso il progressivo sollevamento del partito a figura centrale della storia, a moderno Principe, che si realizza oggettivamente in Russia col passaggio da Lenin, che resta tutto sommato un fenomeno di «cesarismo» weberiano, a Stalin, e trova teorizzazione nel «marxismo occidentale» di Lukacs e Gramsci (che giocano qui in certa misura la parte di teorici «esterni» tenuta da Kant ed Hegel rispetto alla rivoluzione francese). Il fondamentale contributo del «sindacalismo» e di Sorel è per entrambi certamente lo «spirito di scissione»; nel caso di Gramsci è da aggiungersi in valenza costruttiva la «morale dei produttori», che per Sorel faceva tutt'uno col primo, e a cui egli riduceva tutta l'iniziativa costruttiva proletaria, lasciando per il resto tutta «l'organizzazione del lavoro» all'operare del capitalismo12 (l'ambiguità del termine «produttori» avrebbe poi permesso di distinguere tra capitale industriale operoso e capitale finanziario parassitario ed ebraico) attraverso la mediazione di Sombart. Nella costellazione dell'epoca, Rosa Luxemburg è probabilmente la figura che ha maggiormente mantenuto l'equilibrio marxiano tra «grilli» e scienza. È interessante che Marx nel suo esame del bakuniniano Stato e anarchia anticipi le posizioni della Luxemburg del 1918, rifiutando da un lato la distribuzione dei latifondi ai contadini in caso di rivoluzione, ma contemporaneamente respingendo ogni progetto di socializzazione forzata dei piccoli proprietari, e concludendo che per Bakunin «la volontà, non le condizioni economiche, sono il fondamento della sua rivoluzione sociale». La rottura dell'ottobre 1917, il taglio del nodo gordiano del problema della maturità da parte leninista, ciò che Rosa Luxemburg identificò come il principale e forse uni54
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