tico; ma che nella lettera a Vera Zasulic del 23 aprile 1885 (come ricorda Tibor Szamuely in The Russian Tradition, London, Fontana Press, 1988, pp. 545-8; ma prima edizione 1974, Martin Secker & Warburg) giustificava anticipatamente nella situazione russa una rivoluzione giacobina e blanquista, mantenendo ferma la tesi della diversità del risultato dalle intenzioni che lo spingeva perfino a ritenere possibile una rivoluzione storicamente regressiva (Soziales aus Russland, 1875; cfr. Marx, Konspekt zu Bakunins Staat und Anarchie, 1874-5, in MEW, XVIII, pp. 556-7, 633). Abbiamo in Engels di nuovo la teoria quarantottesca della rivoluzione permanente (poi ripresa da Parvus e Trotzky) e l'idea dell'eterogenesi dei fini. Ma sarà la creazione del Partito totalitario, come passaggio dalla dittatura giacobina degli intellettuali a quella leninista dei rivoluzionari di professione a/issare la rivoluzione permanente, ad allargare i quadri del potere volontaristico, e a permettere di trasformare la tragedia lassalliana della prematurità rivoluzionaria9 in un successo prolungato, storico, ma che ha fatto, per adoperare un paragone indicato da Rosa Luxemburg, della possibile più disastrosa nuova Comune una catastrofe metafisica dell'utopia. In questo senso l'intellettuale organico, visto alla base della formazione del Partito comunista italiano, in Gramsci rappresenta un luogo intermedio (ma anche superiore) tra il vecchio ideologo, l'intellettuale pur sempre flottante al di sopra della classe e parzialmente della politica (e che quindi si affida naturalmente al meccanismo della rivoluzione permanente, in cui il compito di rottura è abbandonato ad altri), e il rivoluzionario professionale, tra Marx e Lenin, un Marx che dopo tutto se ne sta a casa durante la Comune e un Lenin che si af:6retta con tutti i mezzi verso Pietrogrado. In realtà, i Grundrisse mostrano che l'educazione al lavoro, la sua introiezione e la sua opera di trasformazione 48
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