Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 72 - inverno 1991-1992

rato psichico che va da una possibile "normalità", che è quella dell'artista che sa della rappresentazione, alla nevrosi che subisce la ripetizione di una rappresentazione meccanica, alla psicosi che pone all'esterno della superficie fondamentale che consente la lavorazione, la figura di un soggetto che brucia. I due poli estremi sono assai vicini, lo psicotico non manca di una sua teoria, il nevrotico è il più lontano dall'arte, inceppato e imprigionato, ma per lui si configura, al di fuori del pathos scartato da Klee, la possibilità del «nostos», il ritorno, quella categoria della nostalgia che ho affidato al nevrotico per il proprio "fondamento psicotico", che coincide poi con il tempo dei primi disegni dei bambini, del cerchio del sole e del cefalopodo. Questa nostalgia può diventare creativa. Funziona da velo e da condotto come quelle che Freud chiama «potenze psichiche», vergogna, pudore, rispetto, compassione, ma porta in senso contrario: la velatura può essere riconosciuta come tecnica, e la direzione è·opposta a quella della "giusta prospettiva", di nuovo verso la tela della rappresentazione. Di fronte all'eroismo di Klee che incarna, tutto il corpo del pittore è strumento della sua arte, nella propria morte la propria teoria dell'arte con una figurazione ''fredda'', la funzione del colore nel sogno come segno "caldo" sulla figura o a proposito della figura, è la via di una cura che accetta una distanza tra arte e strumento, per risalirla e riproporre una scelta possibile. Virginia Pinzi Ghisi 39

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