Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 72 - inverno 1991-1992

lo spazio''. La pittura di Claudio Parmiggiani rappresenta lo scacco del cinema sonoro a colori. Ciò che il cinema ha fatto, dopo il muto, dopo il bianco e nero, è una sintesi riuscita di immagine, di movimento, di suono, di parola, di musica, e di colore, i cui contorni coincidono come la funzione all'organo. E per questo forse è impossibile, no' nostante tutti i suoi sforzi di rappresentazione e di concettualizzazione, con cui ha �nche cercato di passare dal primo al secondo autoritratto di Klee, dallo stadio di un movimento in atto a una riflessione su di sé, un uovo "sapiente", è forse impossibile a questo cinema essere arte. Proprio nella "realtà" che sembra offrire la rappresentazione della natura stessa, che sembra portare nell'orecchio dello spettatore il suono degli zoccoli dei cavalli, che fonde oggetti e colori, parole e movimenti, scompare la scansione in cui tutti questi elementi possono collocarsi. Scompare innanzi tutto lo schermo, la superficie fondamentale è sfondata da una realtà indifferenziata e dirompente che non ha più alcun riferimento con la realtà che si costruisce in modo analogo nel soggetto umano, nella natura e nell'arte. Scompaiono i limiti predisposti della tela preparata, e dell'apparato psichico. Scompaiono le differenze teoriche, come quelle che si pongono al bambino tra vivente e non vivente. Scompare il rapporto tra un uomo e una sedia che struttura insieme il soggetto umano e un quadro di Van Gogh e un romanzo di Vietar Hugo, il suo nome stesso, l'H, acca maiuscolo, intagliato nella e rappresentato dalla, forma della spalliera della seggiola. Scompaiono in questa sintesi "riuscita" altre composizioni problematiche. Come può per esempio un rombo essere silenzioso, un trauma essere inavvertito, poteva essere rappresentato dal piccolo Film di Beckett con Buster Keaton, altra "faccia di pietra", ma non dal colorato cinema sonoro. Il sonoro distrugge il silenzio che era la superficie fon24

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