Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 72 - inverno 1991-1992

dignazione»17 . I fatti raccontati in Se questo è un uomo erano tutti veri, ma ora l'andamento narrativo del racconto sembra diventato decisamente insufficiente a rendere la complessità delle vicende raccontate. Di qui la scelta saggistica che sta al centro de I sommersi e i salvati. Sull'«Olocausto» si può scrivere un romanzo, sembra ora dire Primo Levi, sia pure un romanzo-documento, una testimonianza, ma questo implica la scelta di un narratore onnisciente, che non è più il Levi degli anni Ottanta. Che cosa è venuto meno rispetto all'immediato dopoguerra? Quali sono le certezze del testimone che ora, col tempo e la distanza, vengono a essere corrose dal dubbio? Che cosa spinge Levi a scrivere che i sopravvissuti non sono i veri testimoni dell'«Olocausto»? La categoria attorno a cui sembrano concentrarsi le riflessioni di Primo Levi è quella del «superstite». Questo è anche il titolo di una poesia che egli scrive nel 1984, e che quindi è contemporanea a J sommersi e i salvati18 • I primi versi di questa poesia sono una traduzione dei versi di Coleridge che, come abbiamo visto, fanno da epigrafe all'ultimo lavoro di Primo Levi. Il superstite è colui che non morì nei campi nazisti, ma «mangia e beve e veste panni»19 , e ha un bisogno assoluto di raccontare la propria storia, per liberarsi di quei fantasmi che popolano i suoi «sonni inquieti» e si insinuano «sotto la mora greve dei sogni»20 • Il superstite sente il bisogno di discolparsi, per essere ancora vivo, mentre tanti suoi compagni sono morti: «Non è mia la colpa se vivo e respiro / E mangio e bevo e dormo e vesto panni»21. Se questo è il nucleo attorno a cui si organizzano le riflessioni dell'ultimo Levi, bisogna tuttavia subito aggiungere che in esse viene ad emergere una nozione di «testimonianza» come fatto integrale, che non può esaurirsi nel linguaggio quotidiano o letterario, ma si costituisce essa stessa come linguaggio. Si tratta del linguaggio di un'assenza, un linguaggio muto, chiuso ad ogni illusione comunicativa. La «testimonianza» dei sommersi è tanto più in 199

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