«Vers cinq heures, personne n'ayant frappé, on entra dans cette chambre. [...] J'étais étendu sur mon lit. Il devait faire déjà très sombre. [...] La personne qui était entrée se trouvait au milieu de la pièce. Je voulais écrire qu'elle ressemblait à une statue [...]; mais la pierre n'était pas de son élément, c'était plutéìt la peur qui était sa nature, non pas une peur folle et monumentale, mais quelque chose qu'expriment ces mots: pour elle l'irrémédiable était arrivé [sottolineo questa frase]. [...] Etant entrée par un mouvement inexplicable, il lui restait tout juste assez de force pour demeurer, debout, dans cette chambre, sans se volatiliser. J'étais, il me semble, assez tranquille». A partire da questo episodio, e senza soluzione di continuità, il testo si apre su un inserto temporale al presente, ove la stessa figura femminile (comunque non ancora nominata) appare al di fuori del tempo del récit, oltre la storia, in un tempo postumo che è quello stesso del presente in atto del Narratore-Scrivente. Entro tale presente in atto, la figura femminile si sdoppia, o scivola, in una figura mentale, nell'astrazione di quella «pensée», di cui all'inizio della seconda parte (p. 55 «il m'a fallu tout à coup ouvrir les yeux et me laisser tenter par une pensée superbe que j'essaie en vain de mettre à genoux») e di cui nel finale del libro, ove alla «pensée» è addetta l'allocuzione conclusiva: «viens». In altre parole, al doppio statuto categoriale che contrassegna la figura di Nathalie - statuto a orientamento invertito rispetto a quello di J. -, e cioè la compresenza dei termini costitutivi dell'opposizione vita vs morte, si aggiunge una seconda anfibologia: figura reale vs figura astratta (la «pensée»). Si può ricordare ancora, a questo proposito, la prima pagina del Pas au-delà, ove viene postulata l'equivalenza «mort-pensée» (p.7). Ecco comunque l'inserto al presente, con l'esplicitazione della doppia anfibologia, la quale, come si è sottolineato, rappresenta l'esperienza in atto del Narratore-Scrivente 78
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