Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

ne dure à la façon d'un devenir temporel: mourir ne dure pas, ne se termine pas et, se prolongeant dans la mort, arrache celle-ci à l'état de chose où elle voudrait se pacifier. C'est le mourir, l'erreur d'un mourir sans achèvement, qui rend le mort suspect et la mort invérifiable, lui retirant par avance le benefice de l' événement6 • J. si muove dunque su un piano più profondo di quello del vivere-e-del-morire, al fine di «sottrarre, strappare alla· morte il suo stato di cosa». «Derrière les apparences du sommeil» [si ricordi «derrière la vitre»], J. afferma infatti «une vigilance, une lucidité de regard [è precisamente il «droit de regard»] qui ne laissait à son adversaire aucun espoir de l'atteindre à l'improviste» (p. 29). E, al momento o, meglio, al termine della seconda agonia: «Nous étions tous des etres très lents et, elle, il lui fallait se mouvoir camme la foudre pour échapper à l'immobilité définitive, pour sauver son dernier souffle [sottolineo quest'ultima frase: l'ultimo respiro non deve essere concesso alla morte, non deve essere di proprietà della morte. Esso deve essere «sauvé», preservato dal Soggetto e riservato a lui per sempre, al suo essere proprio, al «droit de présence»]. Jamais je ne l'ai vue plus vive ni plus lucide» (p. 51). Su questo piano più profondo - non dentro iJ sonno ma dietro il sonno - viene pronunciata la frase dell'evento-verità, dell'evento sottratto al tempo, la frase della rosa assoluta, della rosa della temporalità infinita, non numerabile, già pronunciata da J. al momento della prima agonia, ed ora registrata direttamente dal Narratore-Protagonista, con l'aggiunta di un avverbio, «vite»: «"Vite, une rose par excellence"» (p. 44). Più avanti, nel corso del mattino che segue la lunghissima notte, mentre «il lui fallait se mouvoir camme la foudre pour échapper à l'immobilité définitive», quest'altra 73

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