Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

J. interpella così l'infermiera che la assiste: p. 30 «"Avezvous déjà vu la mort?- J'ai vu des gens morts, mademoiselle.-Non, la mort!" L'infirmière fit signe que non. "Eh bien, vous la verrez bientòt"». Alcune pagine più in là, prima della seconda morte di J., amministrata a lei dal Protagonista- che risulta quindi in grado di dare sia la morte sia la vita-, J. si rivolge ancora all'infermiera, riprendendo direttamente il dialogo, o l'inquisizione, precedente, con queste parole: p. 48 «"Maintenant [...] voyez clone la mort", et elle me montra du doigt». Del resto, il Protagonista stesso subisce due iniziazioni (per così dire) alla morte, registrate simmetricamente prima dell'inizio della prima storia e prima dell'inizio della seconda, per cui ci si può chiedere (come giustamente fa Derrida) se il «je» del récit globale sia davvero sempre lo stesso. Più precisamente, ci si potrebbe chiedere se, alla figura indubbiamente unica del Narratore (all'incipit della seconda parte, egli afferma infatti, come si è sottolineato a suo luogo: «je continuerai cette histoire»), non corrispondano invece due figure del Protagonista sul piano della diegesi, che lo assimilerebbero allo sdoppiamento dell'Attante femminile principale nei due Attori, J. e Nathalie. Tale ipotesi sembrerebbe appunto confermata dall'iterazione della suddetta prova di morte: p. 15 «Un ou deux ans plus tòt [e cioè prima dell'inizio della storia di J., vale a dire ancora nel fuori-storia], une jeune fille m'avait tiré un coup de revolver, après avoir vainement attendu que je la désarme. Mais cette jeune fille, je ne l'aimais pas-: Elle se tua, du reste, quelque temps après»: dare o ricevere la morte, è qui il gesto del non-amore: il contrario di ciò che intercorre fra J. e il Protagonista: ibid. «si elle [J.J m'avait menacé mortellement, j'aurais sans doute détourné son geste. Je ne pouvais lui causer le chagrin de me laisser tuer par elle»: il che significa che si danno due dialettiche del rapporto vita/morte: quella, banale e del tutto esteriore, impropria e senza soggetto, della morte 61

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