Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

- la "rose par excellence" stava trovando il suo destinatario. Un destinatario reale si accingeva a prepararle il posto presso di sé. A Lui - ho pensato più tardi - potevano convenire perfettamente le parole che si leggono nel finale del raccontò: «une puissance superbe, sure d'elle-meme, heureuse non certes de mon accord qui lui était bien inutile, mais de sa victoire sur la vie». Affidata alla citazione, e letta come citazione (anche se di un'altra rosa, comunque la stessa: «une rose dans les ténèbres»), la rosa reale tra le dita del Defunctus si configurava davvero come la testimonianza della Sua vittoria sulla vita. Del Suo «sur-vivre». Di un altro Survivre, vale a dire dell'altrettanto memorabile testo che Jacques Derrida ha consacrato all'Arret de mort, ora in Parages, si segnaleranno i luoghi di incidenza, o di persistenza, entro il nostro percorso. Un potente dispositivo di rinvii regge, da un capo all'altro, l'Arret de mort: rinvii di sequenze, di situazioni, di frasi, sia nell'ambito di ciascuna delle due parti secondo le quali si compone il récit, sia dall'una all'altra delle due parti (o delle due storie che compongono il récit). Tali rinvii ineriscono - sul piano dei significati - all'opposizione più elementare (o fondamentale) vigente nella nostra cultura: e cioè l'opposizione vita vs morte. Ora il rinvio, per definizione e nel fatto, rappresenta press'a poco l'inverso di ciò che caratterizza, per esempio, la nominazione. Se quest'ultima si può considerare come la procedura linguistica canonica vòlta a circoscrivere il senso delle varie figure del mondo (da quelle con44

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