Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

no di noi sa quel che las. cié). morendo poggi su un radicale scetticismo, Amleto non sembra esserne completamente soggiogato al momento di morire: E voi che riguardate pallidi e tremanti a quel che è accaduto, e che siete soltanto comparse o spettatori in questo dramma... s'io ne avessi il tempo... poiché lo spietato sbirro della morte è assai rigoroso nel compiere il suo ufficio di arrestarmi... potrei dirvi... ma debbo rinunciare3 • Ciò che Amleto ha compreso, e di cui vorrebbe farci partecipi, riguarda il suo rapporto con noi e dunque con Orazio, nostro surrogato nel dramma. L'elogio di Orazio pronunciato da Amleto nell'atto III (scena II, vv. 54-74) potrebbe suonare eccessivo, addirittura iperbolico se non vi leggessimo la presenza di quello che Emerson chiama stato d'animo ottativo, e che ha per oggetto in particolare il pubblico o l'idea di pubblico: Poiché tu fosti simile a uno che, pur soffrendo ogni cosa, non soffre nulla e ha ben accetti, con la stessa riconoscenza insieme le offese e i premi della sorte. E beati son davvero coloro i cui impulsi e il cui giudizio si offron così ben mescolati ch'essi non somigliano per nulla una zampogna su cui le dita della Fortuna possan suonare il tasto che le aggrada. Datemi un uomo che non sia schiavo della passione, e io lo serberò nell'intimo del mio cuore, lo custodirò nel suo più geloso segreto, così come io faccio di te4 • Amleto stesso non è certo tra quelli che, pur soffrendo ogni cosa, non soffre nulla, ma dopo tutto Amleto è l'eroe, al di là di Orazio e di noi stessi e forse, in chiusura del dramma, superiore al punto da trascendere i limiti umani. Orazio non può essere manovrato dall'astuto Clau191

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