terno restava tuttavia anche una scintilla divina, o pneuma, frammento residuo dell'Abisso originario, o vero Dio. L'anima o psiche che è in noi era dunque in lotta con l'Io o pneuma, e solo la scintilla di quell'Io poteva essere salvata. Shakespeare, che in questo si ispirò a Chaucer, resta il primo e più grande maestro nel rappresentare il carattere sia come anima stabile sia come Io vacillante. Nelle figure di Shakespeare c'è una sostanza che resiste al tempo, e una vivida resa del turbamento provocato da queste scintille. Racine e Tolstoj, Balzac e Dickens, in linea con Shakespeare, cercano di rendere la presenza di queste pulsioni o scintille pre-edipiche, ma ancor più il senso di un carattere e di una personalità post-edipica, di processi di stabilizzazione e sublimazione degli impulsi di tipo feticistico. Critici come Leo Bersani e René Girarci non sono d'accordo con noi nel ritenere che sia questo il tipo di mimesi richiesta a un'opera letteraria. Mi sembra invece lecito affermare che la narrativa "forte" sull'Io, da quella della Bibbia fino a quella di Beckett, debba necessariamente contemplare entrambi i modi, la sublimazione del desiderio e la persistenza di impulsi primordiali. Il mistero di Amleto o di Lear risiede nell'intricato combinarsi di questi due modi di rappresentazione. Bersani suggerisce che sia invece la mobilità psichica a costituire l'ideale cui debbano tendere le decostruzioni dell'Io letterario. L'ideale ha certo il suo pathos, ma le realtà della rappresentazione mi sembrano estremamente diverse, fin forse distruttive nella loro diversità. Quando un romanziere come D.H. Lawrence cercò di ridurre i suoi personaggi a Eros e Istinto di Morte, dovette comunque convincerci della autorevolezza della sua mimesi fornendo ai personaggi di The Rainbow e Women in love tutte le evidenti stigmate di una personalità normativa. Birkin e Ursula possono rappresentare pulsioni misteriose e antitetiche, ma l'evoluzione e il mutamento del loro carat183
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