Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

vacità degna di Shakespeare: L'infelice aforisma sull'arte che regge lo specchio alla Natura è espressamente pronunciato da Amleto al fine di convincere i presenti della sua assoluta follia in materia d'arte. A proposito dell'influenza esercitata nel tempo dall'Amleto, Wilde osserva che «il mondo è diventato triste a causa di un pupazzo che fu un tempo malinconico». Amleto «pupazzo» è decostruzione dello stesso Wilde, a ricordare come l'arte illusoria di Shakespeare abbia dominato la realtà al punto da modificarla per sempre. L'analisi del personaggio, intesa come attività critica, mi sembra invenzione shakespeariana al pari del personaggio letterario, giacché molto di quanto sappiamo sul come analizzarne il carattere segue necessariamente le procedure indicate dallo stesso Shakespeare. I suoi eroi «cattivi», da Riccardo III a lago, Edmund e Macbeth, sono acuti e instancabili indagatori delle proprie motivazioni. Se accettassimo di vedere Amleto, nelle sue infinite continue negazioni, come un altro eroe malvagio, lo potremmo considerare come il più grande analista delle oscure opposizioni che hanno sede nell'Io. Freud seguì il presocratico Empedocle nel sostenere che il carattere è frutto del destino; una dottrina spaventosa che alimenta la paura che non vi siano elementi accidentali, e che la sovradeterminazione ci governi per tutta la vita. Amleto sostiene la stessa cosa, e vi risponde con la terribile passività dimostrata nell'Atto V. In tutte le tragedie di Shakespeare i personaggi più interessanti sembrano desiderare un destino tragico, il che ci ricorda ancora una volta che una lettura shakespeariana di Freud sarebbe più illuminante di un'esegesi freudiana di Shakespeare. Impariamo di più nel ritrovare Amleto dietro l'istinto di morte freudiano che nel ritrovare Al di là del 181

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==