Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

Un'isola nera, sullo sfondo di un'«aria immacolata» e di un «radioso sole». L'opposizione tra un'immagine e uno sfondo è una «struttura» frequente in Baudelaire: un emblema della contraddizione. Lo stesso contrasto, più avanti, dopo l'evocazione del «bianco delle vele» farà stagliare «contro il cielo», «nera», «come un cipresso», la «forca a tre bracci» (Nerval, da parte sua, non vedeva, in un primo momento, che «un piccolo monumento vagamente stagliato nell'azzurro del cielo»). Prima della inesorabile evocazione della forca e del suo impiccato, lo spirito del poeta avrà tentato di scongiurare la delusione suscitatagli dal «povero paese». Replica alla voce denigratoria (ma, dopo tutto, non è già la sua?); invoca l'isola del passato, l'isola che già egli conosce come immaginaria, ma il cui sogno, il cui ricordo mendace, non vuole ancora abbandonare. Bisognava bene, per denunziarne la perdita, aver cantato una terra e una religione di voluttà, celebrandole come se fossero davvero esistite. E bisognava inoltre che alla limpidezza del cielo presente si aggiungesse la seduzione di un passato fittizio, perché si potesse costituire del tutto il radioso paesaggio di fondo che aggraverà, più avanti, l'orrore emerso in primo piano. L'invocazione a Citera, quasi una litania, non sviluppa tanto uno spettacolo quanto un'atmosfera. Tutto è fluido, immateriale: la dea Venere diviene «fantasma», poi «aroma»; gli abitanti erano «cuori» o «intelletti», detentori di «segreti»; al verso 11, il ritorno del verbo «planare» (verso 2) definisce il piacere dei sensi mediante la gioia del volo e l'intimità con l'elemento aereo: profumi, sospiri, effusione sonora colmano tutto lo spazio. I soli oggetti nominati - mirti e rose, fiori emblematici - formano una macchia rosa e verde, dei colori del manto dell'aurora,evocato in un altro grande testo di Baudelaire. Il pennello ha depositato qua e là qualche tocco più intenso, su un orizzonte vaporoso: 146

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