Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

che righe di distanza Nerval dichiara che il cristianesimo non ha realmente vinto questi «emblemi» del «femminino celeste»; si ostina a credere che «la grande Madre divina» ha superato la prova del tempo: Oggi la Panagia greca ha preso il posto, su queste stesse rive, degli onori dell'antica Afrodite; la chiesa, o la cappella, si ricostruisce dalle rovine del tempio, e si sforza di ricoprirne le fondamenta... Citera, anche nelle sue grotte funebri e oscure, rimane una «terra amata dai cieli». Baudelaire si rifiuta a questa fede consolatoria, persino quando, per dipingere il miraggio dell'antica Citera, riprende più di un colore dalla tavolozza di Nerval. L'immaginazione di Baudelaire si fissa sulla forca. Rientrava nel lirismo di Baudelaire dar corpo all'immagine evocata fuggitivamente da Nerval. Nella sua poesia non soltanto viene accentuato il contrasto tra l'isola della leggenda e l'isola del presente, ma la figura del passato e quella del presente si contrappongono in una drammaturgia molto più intensa. Non rimane più nulla - tranne qualche parola essenziale - del vagabondaggio di Nerval nei libri del passato o attraverso i luoghi dell'isola. Il campo della «visione» diretta si restringe, si arricchisce di particolari macabri, che incupiscono il registro del «reale» e aggravano le immagini di morte, mentre il paesaggio e le immagini dell'antica felicità d'amore si smaterializzano ulteriormente. In «Un viaggio a Citera» i «momenti» del viaggio vero e proprio si limitano a tre: la navigazione in alto mare, l'avvicinarsi all'isola, l'immagine dell'impiccato scoperto «da così vicino». Gli elementi narrativi e descrittivi - essi stessi rimemorati, vale a dire immaginati - vengono dispiegati per dar luogo a una nuova eco della memoria, dei sensi, della interpretazione. La concentrazione spazio-temporale dell'immagine produce co143

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