Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

tere di conservare una «forma» e una «essenza divina». Ma non vi è una esplicita millanteria, che si denunzia di per se stessa, nel rivendicare un privilegio di una immortalità di tipo platonico? È la morte a ricevere l'ordine di farsi apostola di questa buona novella, e il suo destinatario sono i «vermi». Il lettore non può evitare di ascoltare questo messaggio dicendo a se stesso che lo riceve d'intesa con i vermi. La voce superstite, fantasma macabro, rende particolarmente precaria l'immortalità spirituale che essa proclama. Posto al futuro, all'interno del discorso al presente del poeta, è un discorso del tutto fittizio (uno di quei discorsi che la retorica attribuisce ai morti) ad annunziare, dal fondo della disfatta femminile, la vittoria che l'io maschile ha riportato nei confronti del tempo. I dolori dell'impiccato In «Un viaggio a Citera», Baudelaire riprende e varia i diversi motivi che ho sopra evocato. Questa poesia, che fa parte della sezione «I fiori del male», è un'allegoria di ispirazione libresca. Come è noto (ma è il caso, qui, di ricordarlo), è stata scritta, nel 1851-1852, o forse anche prima, traendo spunto da un episodio del Voyage en Orient di Gérard de Nerval, che, senza mai avere fatto scalo a Citera, aveva integrato nel suo libro alcuni estratti di racconti di viaggio. L'antica Citera è diventata Cérigo, ed ecco lo spettacolo· che le sue coste offrono ai naviganti: 140 Mentre sfioravamo la costa [...] avevo scorto un piccolo monumento che si stagliava vagamente contro l'azzurro del cielo, e che, dall'alto di uno scoglio, appariva come la statua ancora in piedi di una qualche divinità protettrice [...]. Ma, avvicinandoci maggiormente, abbiamo distinto chiaramente quale fosse l'oggetto che segnalava que-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==