Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

no, sono toponimi che compaiono, come ognuno sa, con suggestione quasi magica nel corpo delle «Stanze». Quella sorta di microdissea spaziale sopra/attraverso la «tremula Genova», che articola il poemetto, fa emergere, ed operare, luoghi tatuati dal potere del nome. Però non è in questo senso - non soltanto in questo senso - che vorrei condurre il mio discorso sull'importanza della nominazione. Se, a detta di Lacan, la nominazione è «évocation de la présence, et maintien de la présence dans l'absence», converrà saggiare fino a che pun: to qui la pratica di Caproni non capovolga l'enunciato. Nell'alone, per dir così nella zona testuale infiammata intorno alle «Stanze», i rintocchi si fanno ossessivi: Ahi i nomi per l'eterno abbandonati sui sassi... oh i nomi senza palpito - oh il lamento Io come sono solo sulla terra coi miei errori, i miei figli, l'infinito caos dei nomi ormai vacui e la guerra penetrata nell'ossa! come la tenebra che i monti spenge, e i miei figli, il mio nome, e la guerra? sopra la terra è fuggito il tuo nome. Non si tratta più di questo o quel nome, di persona o di luogo, ma del prodursi del nome in quanto gesto puro da cui il soggetto viene investito - resta da vedere se costituito o dissolto. Sottolinerei come importante che in alcuni dei versi citati la semplice vicinanza elencatoria stabilisca, secondo una ben nota tecnica dell'inconscio, rapporti di causalità fra «nome» e «figlio», ossia proietti la nominazione nel campo della genitalità, della discen125

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