Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

2. Le «Stanze della funicolare» occupano un posto, e questo posto attira i testi immediatamente circostanti. In pratica, è impossibile leggerle correttamente senza l'appoggio, non dico di «Interludio», che ne è l'introibo, ma anche delle «Biciclette», di «Notte», dei sonetti etichettati «I lamenti», perfino di «Alba», anticipo di un tema o meglio di una situazione («Amoremio, nei vapori di un bar...») che ricomparirà determinante nelle «Stanze». La lettura convoca dunque tali adiacenze in maniera molto più specifica di quanto non avvenga normalmente - a lav_ orare come testo aggiuntivo, integrante, come testo d'interpretazione, dove sono manifesti punti che nelle «Stanze» agiscono in latenza. Questa spinta decentrante credo che non sia arbitraria, né inutile, giacché si completa sempre di un ritorno che rimette a fuoco, con nitidezza maggiore, gli oggetti di partenza. Nello spazio, insieme «storico» e compositivo che così si viene a formare, le «Stanze» spiccano come un «eidolon», una figura immediata e complessa: in qualche modo un contenitore di natura molto particolare. Tanto particolare, da fare venire in mente un passaggio del Simposio platonico, dove Alcibiade parla delle immagini di Sileni che, aperte, mostrano all'interno simulacri, agalmata, degli dei. Anche le «Stanze» possono essere un Sileno verbale da aprire per rilevarne l' agalma theou che rinserra. Ma di che agalma si tratta? Non semplicemente di una trovata letteraria o di un senso secondo sfuggito a una lettura immediata. Deve trattarsi, in coerenza con la qualità di simulacro, di un oggetto, o se si vuole di un fantasma d'oggetto, che organizza la funzione testuale, vi si interna e in qualche modo vi scompare. Proprio puntando sullanatura, e sulle risonanze, di quel termine, agalma, Lacan ha cercato, in un momento del seminario sul transfert, di stringere da vicino tale oggetto, «espèce de piège à dieux» (che non sarebbe poi evocazio122

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