Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

"Una funicolare dove porta?" Ogni uomo possiede nel suo inconscio uno strumento con il quale è in grado di interpretare il modo in cui si esprime l'inconscio degli altri... S. Freud, La disposizione alla nevrosi ossessiva 1. Le «Stanze della funicolare» occupano nella produzione poetica di Giorgio Caproni un posto sintomatico, nel senso forte del termine. Comparse una prima volta nel 1952, in un volumetto dell'Istituto grafico tiberino, insieme con «Le biciclette» e pochi altri testi; collocate poi nel centro ideale del Passaggio d'Enea (1956); rappresentano, nel riordino definitivo di Tutte le poesie, la cerniera fra gli inizi (Come un 'allegoria, Ballo a Fontanigorda, Finzioni, Cronistoria, anni 1932/42), vale a dire la traversata, ma quasi indenne, della koiné ermetica, e l'opus caproniano vero e proprio, ormai identificato e autonomo (dal Seme del piangere al Conte di Kevenhii.ller, al postumo Res amissa). Cerniera, o meglio si direbbe prise de poésie, della propria poesia, da parte dello scrittore: dove le terribili enfiagioni emozionali a stento bilanciate dalla griglia metrica dei «Sonetti dell'anniversario», affluiscono chiarendosi nella macchina assolutamente naturale e fabulosa delle stanze («Biciclette» e «Funicolare», ma anche l'eponimo «Passaggio di Enea»), per fare risuonare quel «pathos al di là», destinato a diventare, per prosciugamenti e frammentazioni, la grande maniera di Caproni. 121

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