di giorno ma soprattutto di notte. Ed è qui che ci ricolleghiamo ancora a Freud e alla nuova ermeneutica da lui creata ricostruendo la mappa di quelle connessioni compulsive e forzate che non «considerano niente come sacro». A proposito di una tipica lezione di Emerson, qualcuno disse che era «impossibile rintracciarvi qualche connessione, tranne che con Dio». Il metodo kakangelico di Freud rimuove ogni traccia anche di questa ultima relazione. I pensieri onirici recuperati, non hanno altra connessione che il fatto negativo di possedere una capacità di profanazione che non conosce limiti. Tutte le altre connessioni sono la risultante di un processo secondario che va dai travestimenti e spostamenti del lavoro del sogno alle revisioni di carattere più conscio. A volte dunque può succedere che il contenuto manifesto del sogno appaia più sensato di un'interpretazione che capovolge la relativa portata eufemistica del sogno, o che ne disintegra la struttura discorsiva. Anziché completare i testi dei sogni o, per estensione, i testi letterari (oppure, come Jung, incoraggiare la loro sintesi). Freud li rende meno completi, meno soddisfacenti. Sembrerebbe quasi che ad un maggior lavoro interpretativo corrisponda una minore capacità di conclusione. Ci chiediamo a questo punto a che cosa lo stesso Freud potesse attribuire un valore sacro. Ho già suggerito che se il sogno perde il suo carattere sacro e l'interpretazione lo mostra come «profano», il potere stesso di quella interpretazione che si fa metodo e si universalizza è qualcosa di molto simile al sacro. Non si spiega altrimenti come Freud avrebbe potuto continuare il suo lavoro senza cadere nel mutismo o senza essere sopraffatto dalle cattive notizie di cui era portatore. Il sogno particolare di Freud, come interprete e scienziato, un sogno che sopravvive ad ogni auto-analisi, è quello di un linguaggio purificato che resti incontaminato dai suoi stessi materiali, e che non soddisfi né reprima una verità troppo umana. 119
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