Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

elementi che stanno al di là dell'ingannevole neutralità del linguaggio. Da questo punto di vista, il linguaggio comune diventa una forma di sonnambulismo, una riproduzione di frasi o comandi interiorizzati che non intaccano la sfera della coscienza. Il discorso poetico è il disvelamento di questa condizione, un ritorno ad un senso effettivamente vivo del linguaggio, là dove il passaggio dalle parole alle cose può ancora essere differito, e il discorso ri-entra in una zona originaria di "stress" e inibizione, e si fa precario. L'eufemismo wordsworthiano è insieme riconoscimento e limitazione di questa precarietà. A differenza della conclusione di «Strange Fits», la seconda strofa di «A Slumber» non grida ad alta voce: come perifrasi di «lei è morta» sceglie di amplificare e persino di abbellire quella stessa frase. È difficile pensare a questa lirica come a un crudo epitaffio confinante con l'afasia; e sebbene l'evento traumatico o mortale possa aver fornito l'occasione per l'eufemismo, non può certo esserne la causa. Occorre individuare altrove una «fonte nutritiva» (per usare una metafora dello stesso Wordsworth); e possiamo trovarla solo nell'altra minaccia mossa alla parola, nella condizione prossima all'estasi descritta nellastrofa precedente. Quale che ne sia la natura, tale estasi, fonte di comportamento muto o inarticolato, si prolunga nella eufemìa della seconda strofa. Gli epitaffi, ovviamente, sono per convenzione associati a parole confortanti e gradevoli. Eppure qui non tutte le parole sono confortanti: anzi, le marche negative che percorrono il testo - «Non... Non... Né... Né...» - basterebbero ad escluderlo dal genere. Altri termini mostrano addirittura che nel linguaggio di Wordsworth si sono insinuati sconvenienti giochi di parole subliminali. Così «diurna!» [diurno] nel verso 7, si scompone in «die» [morire] e «urn» [urna], mentre «course» [corso] può ricordare l'antica pronuncia di «corpse» [cadavere]. Queste condensa112

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