Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

ra, mentre il bambino di Romano l'aveva congedato nella distrazione, impegnato a misurare distanze nella campagna attraversata in biroccio. La famiglia di La coscienza di Zeno verrà presa molto sul serio, il congedo di Svevo dall'Angiolina, in Senilità, è il congedo dal sogno extrafamiliare. Senza più distacchi ma con molta partecipazione, non è più la famiglia ad essere un romanzo, ma il romanzo a farsi famiglia. Il senso drammatico della "fine del romanzo" non è altro che un riflesso dello scadimento del romanzo familiare. E quando non si parlò di bastardi, alla sua origine, ma dello stesso atto della generazione, Sterne fa del Tristram Shandy il romanzo stesso dell'interruzione. Tristram è generato da un'interruzione: «Caro ti sei ricordato di caricare l'orologio?», «Accidenti, ma devi interrompermi...». Che cosa stava dicendo mio padre? Nulla, appunto. Di capitolo in capitolo il filo del tempo, del prima e del poi, e del luogo, vengono continuamente tagliati, intersecati, ripresi, spostati, nel breve tragitto che separa il pianterreno dal primo piano il nome di Ermete Trismegisto viene dimenticato, storpiato, tagliato, cristianizzato in Tristram dalla domestica che corre dal parroco al posto del padrone, il padre che proprio allora ha perso quel bottone più indispensabile nella vita di un uomo. Il tema della servitù s'incunea tra padre e figlio e lo ritroviamo nel novecento all'inizio della psicoanalisi come scoperta delle fantasie infantili su domestiche e governanti. Qui è creato lo stacco che mancava a Laocoonte. Il padre sostenitore del grande filosofo e re, Ermete, viene derubricato nella serva. Il nome di Tristram non ha più la stessa grandezza ma proprio per questo Tristram può vivere, e pensare con quel riferimento. Contemporaneamente, in fondo all'orto abbiamo già trovato zio Tobia all'opera delle sue costruzioni di difesa che ripetono, indispensabili per la sua salute, solo in grazia a queste aveva potuto lasciare il letto in cui giaceva immo11

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