Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 71 - autunno 1991

correre alla psicoanalisi per riconoscere che la trance è legata ad una sovraidealizzazione della persona amata. La seconda stanza, dove ci viene detto della morte di lei, dovrebbe, stavolta, esprimere una disillusione. Sorprendentemente, invece, questo non avviene: il poeta non prorompe in grida né in pianto. Entrambi i passaggi, quello dal sonno al sogno, e l'infrangersi del sogno stesso, vengono descritti senza lasciar trasparire né sorpresa né trauma. Ma non c'è forse nessun elemento che tradisca quanto questa fantasia possa, al contrario, essere stata profondamente inquietante? Forse è naturale, che di fronte a una forte emozione le parole cerchino di contenere e di sigillare la reazione che ne deriva. Tuttavia, a livello strutturale opera un misterioso spostamento, conforme a quella che Freud definisce come onnipotenza dei pensieri e come generale sopravvalutazione degli atti psichici, e che è da lui attribuita alle cultureprimitive e, nella civiltà moderna, all'arte. Questo spostamento è anche, dal punto di vista retorico, un traslato: nella strofa iniziale il poeta è rappresentato nel sonno; nella seconda quel sonno, fattosi più profondo, è trasferito alla ragazza. Lei si addormenta per sempre, e la sua morte è puntualmente descritta come simile a quella quasi-immortalità che l'immaginazione del poeta le aveva prematuramente attribuito: «Avvolta nel corso diurno della terra» essa non può certo«sentire I il tocco degli anni terreni». Questo ingegnoso traslato, questa metafora che è più una struttura di prolungamento che una vera e propria figura retorica, è anticipata perlomeno da una condensazione di luogo.«Umane», in«Non provavo paure umane» (verso 2), è un aggettivo traslato. Il verso dovrebbe intendersi:«Non provavo quelle paure che mi avrebbero assalito se l'avessi considerata un essere umano, vale a dire mortale». Non sappiamo in quale direzione operi il 108

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