Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

è sulla passion tout court che verte il discorso. Ma per chiarire i riferimenti a chi non abbia subito presente la storia di Une passion dans le désert, sommarizzerò rozzamente precisando che essa racconta dell'imprevedibile legame affettivo nato fra una pantera e un soldato francese, sfuggito nel deserto ai suoi catturatori arabi, durante la campagna d'Egitto di Napoleone; vero e proprio romanzo erotico, con tutti gli abbandoni e le intransigenze, fino alla conclusione funesta. Il titolino iniziale del racconto, che vale un poco da esergo, aiuta a indirizzare la lettura: «histoire naturelle d'une histoire surnaturelle» - se appena quel «surnaturelle» lo si capovolga in un «al di sotto», come del resto ho voluto intestare questo mio intervento: «un amore meno che umano», cioè sottratto alle convenzioni, alle garanzie, alla «riconoscibilità», che conferiamo in blocco con la semplice assunzione dell'etichetta di «amore umano». Sessualità e zoologia Dunque, qualcosa che investe la periferia, o se si preferisce, il nocciolo, normalmente escluso, della questione. Quel che tenterò di fare sarà di vedere come si inscriva, nel racconto balzacchiano, la diversità non solo sessuale ma per dir così zoologica, ossia pertinente all'assegnazione ai diversi rami della grande famiglia dei viventi. Il che, in sostanza, significa interrogarsi su questo: c'è un desiderio che si possa qualificare animale, in quanto distinto da quello umano? Che cosa risponde, in concreto, il testo di Balzac a questa domanda? E come? Il carattere estremo, ossia abnorme, della passione su cui si regge il racconto, non discende soltanto dalla peculiarità della coppia inscenata (soldato/pantera, uomo/animale) ma dalle modalità del suo articolarsi; e secondo analisi corretta, trattandosi di una fiction, è nella strutturazione diegetica del racconto stesso che vanno via 8

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