Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

paziente, che è opportuno dire non solo era all'oscuro di ogni nozione psicoanalitica ma anche lontanissima da qualsiasi formazione culturale, ho rimontato fantasie. Mentre questo avveniva, mentre le spiegavo i contenuti sessuali dei suoi sogni, cosa che avrebbe fatto inorridire Lacan, mi avviavo non in direzione della genitalità come si sarebbe proposta Melanie Klein, bensì proprio dove essi mi portavano, verso le teorie sessuali infantili: l'analizzante sogna di camminare lungo un sentiero, di stare per inciampare in un bastone, ma poi di raccoglierlo e di portarlo con sé. La mia complicità con lei bambina, la portò a riparlare il dialetto della sua infanzia, a ritrovarsi nella fattoria con le sue galline, a distruggere le rigidezze fobiche che la inducevano, adulta, a ritrarsi inorridita dinanzi alle prede di caccia del marito in cui si identificava, e a ritrovare con le galline quel rapporto duplice che le aveva permesso di nutrirle e di tirargli il collo con la stessa «naturalezza», che è poi l'effetto della contiguità di animato e inanimato, nascita e morte che viene rappresentata in quello spazio psichico e territoriale che abbiamo chiamato «luogo della fobia», con in più quella possibilità di gestire in prima persona una «tecnica» che manca al solo luogo della fobia e di cui ci proponevamo all'inizio il raggiungimento. Questo «percorso» veniva inoltre fatto in bicicletta, nel senso che questo racconto, dello spostarsi in bicicletta, una bicicletta da uomo, punteggiava ogni azione della giornata. Così, portando nel cestino anteriore con sé una gallina, sulla sua bicicletta da uomo, L. poteva rinserrare le gambe intorno alla canna, ripristinando un «erotismo locomotorio» che questa volta le faceva percorrere il cammino inverso di Adamo e Eva. Un passo più indietro e le gambe scomparvero. In un sogno, che segnò poi la fine della sua analisi, riapparve 74

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