Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

possiamo ancora aggiungere in tutta modestia che l'artista divide con l'interprete la responsabilità di questa incertezza. Michelangelo è giunto abbastanza spesso nelle sue creazioni al limite estremo di ciò che l'arte può esprimere; e forse nel caso del Mosè egli non è riuscito appieno - ammesso che questa fosse la sua intenzione - a rendere intelligibile la tempesta di violento eccitamento attraverso gli indizi che di essa sono sopravvissuti nella quiete sopraggiunta». Le mitigazioni ritratte nella teoria del funzionamento delle potenze psichiche appartengono senza dubbio allo sviluppo di una nevrosi che serve appunto a rendere «inintelligibile» la tempesta di un violento eccitamento. Ciò che scorgiamo nel Mosè di Michelangelo di Freud «non è l'avvio a un'azione violenta, bensì il residuo di un movimento trascorso». Questo «residuo di un movimento» è ciò che resta del «quadro» del luogo della fobia così come rimane impresso nella memoria degli adulti (il battito dello zoccolo del cavallo di Hans, lo scarto del cavallo ricordato da Aby Warburg, la mucca di Darwin) ed è già una mitigazione, la mitigazione introdotta dall'autoerotismo che nel luogo della fobia sposta sull'animale, proprio mentre avviene il «riconoscimento dei genitori», quanto di intrigante l'erotismo motorio aveva rappresentato in un tempo precedente. Il «residuo di un movimento» è destinato a riaffacciarsi nella vita del soggetto portando con sé una possibilità di devastazione nella tentazione che ritorna di ridare vita a ciò che è morto, in una perpetua veglia dei cadaveri dei genitori ai lati della porta murata. Solo accettando la funzione dei residui in termini di accumulazione, è su residui resi «morti» che la camminata dell'Avanzante libera il protagonista del «caso» letterario di Freud dall'assillo dellecoppie in viaggio di nozze e dal sole paterno, possiamo risalire oltre le difese organizzate della nevrosi e 67

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